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Ardara. La chiesa palatina di Santa Maria del Regno

Ardara. La chiesa palatina di Santa Maria del Regno

Di Fernanda Poli

Traduzione a cura di Richard - Moi Pierce

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ISBN
978-88-7138-795-6
Editore
Carlo Delfino
Co-edizione
-
Genere
Arte
Materia
Architettura e urbanistica
Collana
Guide
Edizione
- marzo 2015
Supporto
Cartaceo
Pagine
112
Rilegatura
Brossura con lembi e cucitura filo refe
Dimensione
15 x 21 cm
N° volumi
1
Illustrato
Lingua di pubblicazione
Italiano
Lingua originale
-
Lingua a fronte
-Inglese, Francese, Spagnolo
Allegato
-
Scolastico
No
Disponibilità
In commercio
Distribuzione
Prezzo
9,00 €

Nel Medioevo Ardara era al centro del giudicato di Torres-Logudoro, in una posizione strategica per il controllo delle strade che conducevano ai regni confinanti di Arborea, Cagliari e Gallura. In questo sito la continuità di vita non si è mai interrotta a partire dall´età nuragica: reperti del periodo romano, paleocristiano, bizantino si sono ritrovati casualmente, insieme ai resti di edifici medievali. Purtroppo le stratificazioni storiche della città sono scomparse sotto edifici di età contemporanea.
Il sito, dove preesisteva una piazzaforte romano-bizantina in abbandono, venne rioccupato verso il IX secolo dai giudici turritani quando l´antica sede di Turris Libisonis, troppo esposta alle scorrerie saracene, divenne indifendibile. Secondo il Condaghe di San Gavino la principessa Giorgia di Torres, sorella del giudice Comita, avrebbe edificato il castello, il palazzo regio e la chiesa di Santa Maria del Regno. Il primo documento storico redatto nella reggia di Ardara dal giudice Barisone (nipote di Giorgia) è datato 1065. Nei secoli successivi Ardara sarà ripetutamente ricordata come residenza principale dei sovrani logudoresi. Il suo declino inizierà alla morte dell´ultima giudicessa Adelasia intorno al 1259: la conquista aragonese a partire dal 1323 e la conseguente unificazione dei regni sardi toglierà al castello l´importanza strategica che aveva rivestito sino ad allora.
L´attuale chiesa venne edificata intorno alla metà del Mille come cappella di palazzo dei giudici turritani, poco al di fuori del circuito murario fortificato. La pianta ricalca quella di un precedente edificio altomedievale, di cui restano segni inequivocabili nei materiali di riuso.
Nella chiesa si conserva ancora in buona parte l´arredo liturgico stratificatosi nel tempo, nonostante alcune perdite. Importanti, per la rarità di questo tipo di testimonianze dipinte, sono i due brani di affresco, purtroppo molto deteriorati, conservati in controfacciata, sono opera del cosiddetto ´Maestro di Olzai´, pittore attivo in Sardegna verso la fine del Quattrocento.
L´opera più importante, che illustra il culto principale praticato nella chiesa e cioè quello alla Vergine, titolare dell´edificio, è il ´Retablo Maggiore´ o dei ´Misteri del Rosario´, eseguito da maestranze iberiche, installate nell´isola, probabilmente eredi della bottega cagliaritana del ´Maestro di Castelsardo´.

Il volume alla fine riporta una breve sintesi con traduzione a fronte in inglese, spagnolo e francese.