L´ultimo romanzo scritto da Giuseppe Garibaldi, Manlio, è rimasto per più di cento anni inedito. Il corposo manoscritto è stato pubblicato, infatti, solo in occasione del centenario della morte dell´Eroe, nel 1982. Da quel momento i contributi a convegni e riviste specializzate dedicati al Garibaldi scrittore e romanziere hanno incluso anche quest´opera, assieme ai tre primi romanzi del Generale ormai a riposo e fattosi scrittore: Clelia, il governo dei preti, Cantoni il volontario, I Mille, pubblicati tra il 1870 e il 1874. Ci sono molte considerazioni da farsi sul Manlio, oltre al genere letterario nel quale collocarlo: "romanzo contemporaneo" lo vuole l´autore, categoria incerta. Chi potrebbe dirne meglio di uno studioso come Marziano Guglielminetti, la cui prefazione è illuminante? Questo volume la riproduce interamente. La storia del manoscritto, ancora controversa, è legata ai famigliari che hanno condiviso gli anni dell´isolano intensamente dedicati alla scrittura, dal 1873 al 1881. Vi è in ogni modo da rivalutare quel testo dimenticato che comporta tanti elementi biografici: è quello che direttamente completa il più bel libro di Garibaldi, le Memorie, ma è scritto più liberamente, come alleggerito dagli impegni della vita, ed è scritto per un fanciullo, l´ultimo figlio che nasce allora, Manlio, che accompagna con la prima infanzia gli ultimi anni del padre. Se la Sardegna è come un´infanzia, se la casa di Caprera è, al dire di Elio Vittorini, come il sogno di un bambino, questo romanzo, Manlio, è per un bambino nel quale l´autore ripone le sue speranze: il figlio di un marinaio, discendente di una stirpe di marinai liguri, al quale si assegna il compito di continuare la "razza". Lo scritto della vecchiaia malinconica di un uomo conosciuto e riconosciuto come eroe nel mondo intero, è fresco, fiducioso nell´anima immortale, in un futuro che affida alle virtù che si trovano naturalmente negli uomini di mare, che non sono corrotti dalla società. E un testamento, un atto d´amore verso l´umanità che merita una lettura attenta, oltre lo stile, le parole, il vocabolario marinaresco, e commuove. Garibaldi scrive finché riesce a farlo. Non vuole cedere, la penna trema. E un addio. Il suo messaggio è valido per i giorni nostri. Seppur tanto si sia scritto di Garibaldi, è bene, come consiglia Marziano Guglielminetti, rileggere Garibaldi stesso. Ogni lettore può valutare l´opera a modo suo, ma non dubitare dell´onestà d´intenti e della devozione al bene dell´umanità dell´autore.